Spesso il malato può sentire la necessità di stare in silenzio: rispettiamo
questi desideri. Quando vi accorgete che vi state arrabbiando o vi spazientite,
allontanatevi fino a che non avete ripreso un tono buono di umore.
Tentare sempre di comunicate con il
cuore. Dovreste sempre cercare di immedesimarvi nel vissuto del malato
per capire meglio comportamenti, sentimenti ed emozioni del malato. Il
ruolo della comunicazione non verbale è fondamentale. L’espressione del viso (anche
se il malato non riconosce il volto, ne coglie sempre il sorriso), lo sguardo,
l’intonazione della voce (mai troppo alta), il linguaggio corporeo (il modo di
muoversi e di comportarsi), il contatto fisico (prendergli la mano)
contribuiscono a trasmettere al malato il nostro stato d’animo e i sentimenti
che sentiamo Per questo motivo, dobbiamo essere consapevoli del nostro
linguaggio corporeo.
È bene inoltre, eliminare, il paragone tra la persona affetta da Alzheimer
e un bambino, infatti il malato rimane sempre una persona adulta con un proprio passato, pertanto indirizzarsi a lui come fosse un bambino lo può
solo umiliare e potrebbe scatenare reazioni aggressive.
P.S. Se siete interessati a leggere la prima parte andate qui
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